4 febbraio 2013
L’Irpinia: tra sfiducia e ripresa.
In
queste ore passiamo dall’entusiasmo per la firma del primo contratto di
sviluppo tra Invitalia, l'Agenzia nazionale che su mandato del Governo opera
per sostenere i settori strategici per lo sviluppo e la Ema - Europea
microfusioni aerospaziali - controllata da Rolls Royce; al timore per lo
smontaggio delle linee alla Irisbus di Valle Ufita. Se l’ investimento di oltre
38 milioni di euro, per la Ema di Morra de Sanctis, potrebbe significare
l’incremento – il 45% - dell’attuale capacità produttiva e l’ottimizzazione dei
processi di lavorazione frutto del progetto di investimento produttivo del
valore di circa 35 milioni di euro che, unito ai 3,5 milioni di euro messi su
ricerca industriale e sperimentazione, nell’arco dei prossimi quattro anni, oltre
alla previsione di sviluppo del fatturato, significherà, per la controllata
Rolls Royce, un incremento di circa 250 unità oltre gli attuali 450 dipendenti.
Il possibile smontaggio delle linee di produzione, alla Irisbus di Valle Ufita,
rappresenterebbe, invece, il segnale della definitiva uscita del gruppo del
lingotto dalle produzioni per il trasporto pubblico in Italia e la conferma,
per il mercato europeo di Fiat Industrial, solo dei siti di Annonay in Francia
e di Vysoke Myto in Repubblica Ceca. Le recenti dichiarazioni del Presidente
Sabino Basso di Confindustria Avellino centrate, in parte, sulla joint venture
sudafricana tra Fiat Industrial e Larimar Group per la produzione, a Pretoria,
di veicoli commerciali e autobus per il mercato del Sudafrica e dei Paesi
confederati nell’Unione Doganale dell'Africa Meridionale che, come annunciato a
fine ottobre nel comunicato dell’intesa, dovrebbe avere inizio già nella
seconda metà del 2013; unite all’endorsement sulla possibile cessione dello
stabilimento ufitano per la nuova Lambretta di Giovanni Cottone; non solo non
lasciano aperta la porta ad altre, possibili, soluzioni ma, inevitabilmente, come
se potessero essere adatte alla nuova produzione sudafricana, complice anche
l’analogia tra i mille autobus richiamati nei documenti Fiat/Larimar e la
capacità produttiva delle linee ufitane, stanno concentrando un’attenzione,
forse al momento ingiustificata, proprio sulle linee di Valle Ufita. Le parti
più avanzate della tecnologia presenti a Valle Ufita sono quelle legate alla
verniciatura robotizzata e al trattamento anticorrosivo in bagno cataforetico.
Detto questo sappiamo che il Citelis, il tipo di bus prodotto sino al 2011
nello stabilimento di Valle Ufita, è stato trasferito, dopo la chiusura, nello
stabilimento francese di Annonay, che per il marchio Irisbus dovrebbe
fornire il 65% delle produzioni per
mercato europeo, mentre, ancora, non si conosce il tipo di mezzo che la joint
venture sudafricana intende commercializzare in quella regione. Quello che è
certo è che la presenza delle linee, a prescindere dallo stato della loro
attualità produttiva, cioè dal tipo di modelli che possono produrre, costituisce,
per lo sviluppo della vertenza, un elemento di serenità che lega lo sbocco
della trattativa su un profilo condiviso e non sulla scelta, unilaterale, di
una parte. E’ ovvio che, in sé, finanziando il Piano nazionale per il trasporto
pubblico, qualsiasi soluzione - sia escludendo Fiat e sia operando in “licenza”
- che preveda il mantenimento della mission produttiva per lo stabilimento di
Valle Ufita - anche secondo le idee legate alla “rigenerazione” ed alla
riconversione ecologica dei bus attualmente circolanti - necessita comunque di
un intervento sulle linee o della sostituzione delle medesime. L’auspicio,
resta, dunque, quello di poter giocare la partita, almeno su questo punto,
ancora a bocce ferme. In gioco, non c’è solo il destino dei lavoratori Irisbus
ma, più complessivamente, quello dell’intero indotto con almeno un migliaio di
altre unità lavorative che, già durante questo biennio di crisi, passa dalle
ventidue aziende coinvolte, alle, attuali, diciannove. L’assenza, in questi
anni, al Ministero dello Sviluppo Economico, di una convincente strategia di
politica industriale, l’incapacità di Romani e l’indolenza di Passera hanno generato
sfiducia nella politica e nel sindacato e, ancora peggio, invece, hanno
prodotto, durante il lungo arco temporale della vertenza, le notizie relative a
presunti acquirenti, cinesi o mediorientali, quasi sempre accompagnati da
improponibili faccendieri di bassa lega, mentre, sul tavolo o nei cassetti del
Mise, rimanevano ferme due brutte proposte volute da Fiat: prima quella della
Dr Motor e, adesso, sebbene mai ancora ufficializzata, quella di Cottone. La
prima, coinvolta dalla Fiat anche sul sito di Termini Imerese che, in
picchiata, con il perdurare della crisi, pur producendo vetture low-cost, è
praticamente scomparsa dai listini di vendita delle automobili e la seconda,
quella di Cottone, che, come qualcuno - rilevando i circa 900 scooter venduti a
marchio Lambretta - ha detto: “non vende in un anno, la produzione della
Piaggio di un giorno”. Troppo poco, dunque, per uno stabilimento ed un indotto le
cui produzioni nel settore del trasporto pubblico hanno occupato negli anni
passati anche più del 40% delle quote del mercato nazionale. Troppo poco per
una provincia che ha un bisogno disperato di ricominciare a credere nelle
possibilità della propria capacità manifatturiera e che ancora stenta a
comprendere il proprio ruolo all’interno della relazione tra Fiat e Paese in un
momento di grande trasformazione e di internazionalizzazione delle relazioni
industriali e dei processi produttivi. Ecco, però, che all’interno di questo
quadro, quando questo territorio e la sua capacità di produrre riescono ad
incrociare il tema della ricerca e dell’innovazione, qualche buona notizia,
come per la Ema di Morra de Sanctis, pure arriva. Anche questa è la speranza
per un’Italia giusta.
8 luglio 2011
Fiat non lasci l’Irpinia e non abbandoni la produzione per il trasporto pubblico.
Bruno (Pd): “Fiat non lasci l’Irpinia e non abbandoni la produzione per il trasporto pubblico”.
Dichiarazione stampa
“La chiusura della Irisbus, dopo quella di Termini Imerese, è la seconda tappa della triste ritirata del gruppo Fiat dal Mezzogiorno d’Italia. Per l’Irpinia, appare sempre più fondato il timore, di riportare indietro le lancette dell’orologio della sua industrializzazione.
Abbiamo fatto bene, negli scorsi giorni, presentando, alla Camera dei Deputati, in commissione Lavoro, l’interrogazione a firma di Cesare Damiano in merito alla Fma di Pratola Serra, ad esprimere preoccupazione sull’intero indotto dell’automotive in Irpinia.
Quella relativa allo stabilimento di Flumeri è, però, una scelta che avviene in maniera improvvisa ed unilaterale. Non trova coerenza con le scelte ipotizzate dallo stesso piano presentato dalla Fiat Industrial che, invece, prevedeva investimenti per otto milioni di euro.
Occorre che si lavori, immediatamente, all’apertura di un tavolo istituzionale tra Ministero dello Sviluppo, Regione Campania e parti sociali.
La cessione dello stabilimento ufitano, per produrre autobus granturismo e componentistica per suv, alla “Itala spa” del gruppo “DR motor” oltre che preoccupazione per le sorti degli oltre settecento dipendenti e, complessivamente, per l’intero indotto, segna, drammaticamente, l’uscita di Fiat, in Italia, dalle produzioni per il trasporto pubblico.
E’ il primo ed immediato segnale che arriva dopo la presentazione della manovra finanziaria del governo Berlusconi che interviene, forbici alla mano, proprio sul settore pubblico dei trasporti.
C’è bisogno di un’inversione di rotta.
In Italia, sono almeno ventimila gli autobus “fuorilegge” del trasporto pubblico che continuano a circolare nonostante l’inasprimento di ogni standard di legge in materia di emissioni inquinanti e di ammodernamento del parco macchine delle società di trasporto.
Resta, quindi, attuale l’ipotesi contenuta nel Piano di Sviluppo della Provincia di Avellino, ribadita in queste ore nell’interrogazione presentata a Caldoro dall’On. Rosa D’Amelio riguardo l’uso dei fondi FAS per l’ammodernamento dello stesso parco autobus regionale.
L’automotive in Irpinia è questione nazionale. Siamo impegnati affinché il Partito Democratico faccia la sua parte sia in sede di discussione di manovra finanziaria che nella specifica necessità dell’apertura di un tavolo ministeriale sulle sorti dello stabilimento Irisbus della Valle Ufita”.

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