21 settembre 2012
Bruno (Pd) FMA/FIOM: ”Sentenza positiva. Fondamentale capire, adesso, il destino produttivo”.
“Anche secondo il Tribunale di Avellino, i
lavoratori della FMA possono, liberamente, scegliere il sindacato da cui essere
rappresentati. Quella del Tribunale di Avellino è sicuramente una sentenza
positiva emessa - per giunta – in un momento delicatissimo, in cui il rapporto
tra Fiat e Paese è, nuovamente, non solo per l’Irpinia, al centro dell’opinione
pubblica.
La sentenza, favorevole al ricorso della FIOM in
merito a comportamenti antisindacali alla FMA di Pratola Serra, relativamente
al riconoscimento delle trattenute per gli iscritti metalmeccanici CGIL, pone,
ancora una volta, l’accento sul tema della democrazia e della libertà sindacale
negli stabilimenti del gruppo Fiat dopo l’entrata in vigore dell’ultimo
contratto non sottoscritto dalla FIOM – CGIL. Resta però ancora da capire, dopo
il ritiro del piano “Fabbrica Italia”, il destino produttivo del sito di
Pratola Serra dove, nel mese di settembre, in virtù della cassa integrazione, per
evento improvviso ed imprevisto, solo tre sono stati i giorni di lavoro”.
20 settembre 2012
Bruno(Pd) – “Serve un chiarimento sulle politiche industriali Fiat. Il governo faccia la sua parte”.
Non so - ma me lo auguro - se l’incontro
previsto tra Mario Monti ed i vertici Fiat, dopo l’annuncio del ritiro del
piano “Fabbrica Italia” possa contribuire a definire con la giusta precisione
la strategia riguardante i siti produttivi italiani. Ricordo che, dall’annuncio
di “Fabbrica Italia”, Marchionne ha chiuso già tre impianti: la Cnh di Imola,
la Irisbus in Valle Ufita e Termini Imerese.
Da anni, da più parti, viene sollecitato un
chiarimento sulle politiche industriali del gruppo del Lingotto, un’analisi
capace di chiarire in questo tempo di crisi la mission produttiva degli
stabilimenti, il mantenimento dei livelli occupazionali, i tempi, il tema della
ricerca ed i nuovi modelli necessari al confronto con le attuali condizioni del
mercato.
Occorre, quindi, un chiarimento sul rapporto
tra Fiat e Paese consapevoli che, specie nelle realtà produttive del
Mezzogiorno, un disimpegno della multinazionale torinese equivarrebbe a
desertificare le speranze di ripresa per un’area fondamentale del Paese.
L’Irpinia è, quindi, solo a voler parlare
degli impianti legati direttamente al gruppo, senza considerare gli indotti,
con la FMA di Pratola Serra e con la Irisbus di Valle Ufita uno dei nodi da
sciogliere nella discussione tra Fiat e governo.
Da una parte le possibilità del nuovo motore
con basamento in alluminio che dalla fine del 2013 dovrebbe qualificare le
produzioni a Pratola Serra che, se rivolto al mercato americano, potrebbe
significare l’uscita dalla condizione attuale di cassa integrazione con appena
3 o 6 giorni di lavoro al mese. Dall’altra, invece, se l’opportunità del nuovo
motore è solo sostitutiva dell’attuale 1800cc Euro5, con il permanere dell’attuale
condizione del mercato, per l’impianto di Pratola Serra non potranno che essere
confermati i focolai di crisi già preannunciati - oltre che dal ricorso alla
cassa integrazione per evento improvviso ed imprevisto - dalla vertenza legata
al mancato “insourcing” degli 86 lavoratori As.Tec che, nello stabilimento
della FMA, come società esterna di servizi, per oltre dieci anni, si sono
occupati di manutenzione,
presettaggio e galleria tecnica.
Riguardo alla Irisbus, invece, resta
indispensabile la volontà politica di investire nel settore strategico del
trasporto pubblico e di costruire una migliore condizione di mercato per lo
stabilimento ufitano. Da mesi si attende la convocazione del tavolo
ministeriale dato, nell’incontro di fine luglio con il Presidente Caldoro, ormai
per certo. Ma, dopo un anno di attesa per avviare una discussione col
governatore della Regione Campania, non mi stupisce – purtroppo – che non sia
stato ancora “socializzato” tra le parti presenti neppure il verbale di quella
riunione.
Riguardo alla Irisbus, però, la certezza di un nuovo
appuntamento ministeriale, è necessario – nello sviluppo dei tempi della
vertenza – ad ottenere la garanzia per il secondo anno di cassa. Il governo ed
il ministro Fornero devono chiarire, inoltre, se tra gli esodati c’è anche una “paccata”
di tute blu della Irisbus; cosa non secondaria ai fini dell’ottenimento dell’ulteriore
anno di cassa integrazione che potrebbe significare un recupero di tempo utile
per intervenire in maniera organica sulle politiche per il trasporto pubblico urbano
a cominciare dalle sorti della crisi degli unici due stabilimenti italiani che
insistono su questo segmento produttivo: la Irisbus in Valle Ufita e la
BredaMenarini a Bologna.
16 settembre 2012
Bruno (Pd): Quale Irpinia dopo la fine di Fabbrica Italia?
Da due giorni Sergio Marchionne ha annunciato
il ritiro del programma “Fabbrica Italia”.
I segnali dei mesi passati, però, agli occhi degli osservatori c’erano
già tutti: calo delle vendite, costi della crisi scaricati sulle aziende di
servizio come per l’As.Tec nello
stabilimento di Pratola Sera, nessun impegno, oltre a quello della chiusura, confermato
per la Irisbus e la speranza di ripresa per la Fma legata esclusivamente al
nuovo motore con basamento in alluminio per la fine del 2013, si spera, per il
mercato americano.
Tutto questo in uno scenario in cui proprio
sulla promessa degli investimenti ipotizzati nel piano “Fabbrica Italia”, con i
referendum di Pomigliano e Mirafiori è stata non solo fiaccata e compromessa l’unità
sindacale ma, colpevolmente, invece, con il meccanismo delle “newco”, si è
prodotto il tentativo di allontanare dalla fabbrica i metalmeccanici della FIOM
– CGIL.
In queste ore, il governo, nelle
dichiarazioni di alcuni suoi ministri – Fornero e Passera – provano a metterci
una pezza. E’ evidente, però, che non basta. Serve, con la Fiat, un confronto
vero relativamente al rapporto tra il gruppo del Lingotto ed il Paese e la
possibilità della chiusura di un ulteriore stabilimento – il quarto, dopo la
Irisbus di Valle Ufita, la Cnh di Imola e quello di Termini Imerese - certamente non aiuta.
Siamo al punto in cui, in Italia, occorre
chiarezza sull’intera partita legata all’intera organizzazione economica. Le oltre
150 vertenze dei tavoli aperti al Mise e quello che è avvenuto nei mesi scorsi
per l’Ilva di Taranto e l’Alcoa in Sardegna ci raccontano dell’assenza di una
politica industriale per il Paese. Pena l’erosione delle basi produttive
nazionali ed il deserto per l’intero Mezzogiorno che, muovendo poco intorno
alle filiere della media impresa, potrebbe veder cancellata la sostanza della sua
struttura manifatturiera. L’Irpinia, con Irisbus ed Fma è stretta in questa
morsa. Quale sarà, allora, l’Irpina del dopo “Fabbrica Italia”?
11 luglio 2012
Bruno (Pd) - “AsTec: lo specchio del logoramento tra Fiat e Paese”
“La convocazione dei lavoratori AsTec - su iniziativa di Antonio Marciano e Rosa D’Amelio - in audizione presso la terza commissione regionale alle attività produttive, è un primo impegno mantenuto con i lavoratori dopo l’incontro di Napoli svolto a margine della Conferenza nazionale per il Lavoro promossa dal Partito Democratico.
La vertenza AsTec è lo specchio del progressivo logoramento del rapporto tra Fiat e Paese. In questa fase, a pagare lo scotto della crisi, oltre alle aziende dell’indotto restano, per prime, quelle società che come l’AsTec, all’interno degli stabilimenti Fiat, svolgono mansioni di servizio. Il mancato ”insourcing“ dei circa novanta lavoratori AsTec è, quindi, un grave segnale d’allarme. La condizione debitoria, prima, stranamente, tollerata dalla Fiat ha finito con il divenire il pretesto per dare il benservito ad 86 lavoratori che da oltre dieci anni, per Fiat, in FMA sono stati parte integrante e non sostituibile nei processi di produzione dello stabilimento di Pratola Serra. Quello di oggi è stato il primo passo per poter garantire a questa vertenza l’attenzione che merita all’interno dell’attuale partita sull’automotive in Irpinia ed in Campania”.
14 aprile 2012
Bruno (Pd) – Astec: “Sono i lavoratori e le aziende delle attività di servizio e dell’indotto a pagare, per primi, le scelte di Marchionne”.
“Il rischio, concreto, dei cento licenziamenti dei lavoratori Astec è lo specchio della crisi dell’automotive italiano con la Fiat che, sempre più stretta dalla forte contrazione del mercato, scarica i primi esuberi sulle aziende impegnate nelle attività di servizio. L’idea di riportare all’interno le attività di manutenzione, presettaggio e galleria tecnica mediante l’impiego di trasferisti provenienti, probabilmente, dallo stabilimento di Termoli con il compito di facilitare il progressivo inserimento dei lavoratori della Fma per le mansioni sin qui svolte dai lavoratori della Astec, è quindi uno degli effetti più evidenti della crisi in corso.
E’ degli scorsi giorni il segnale d’allarme lanciato, in Italia, anche dall’associazione dei produttori di componentistica in occasione dell’assemblea annuale dell’Anfia in cui, chiaramente, in un sistema che anno per anno perde di competitività, è stato detto che, con il perdurare del calo progressivo delle quote di produzione del gruppo del Lingotto, con sempre più forza, si prospetta il rischio che le multinazionali estere della componentistica possano lasciare il Paese.
La Fiat, quindi - non investendo a sufficienza in ricerca, tecnologia ed innovazione – nel limite del solo investimento di Pomigliano, sposta, nella sostanza, il punto di crisi, oltre che sulle aziende di servizio come la Astec, anche sulle aziende dell’indotto e della componentistica a cominciare, qui in Irpinia, dalle difficoltà che, tra le altre, già alla Denso cominciano a registrarsi.
La vertenza dei lavoratori Astec investe, in maniera più generale, il nodo, non ancora sciolto, del rapporto tra Fiat e Paese, sottolineando il limite di un piano industriale – Fabbrica Italia – solo annunciato e mai illustrato nel dettaglio. E’, ormai, arrivato il tempo, dopo la Irisbus ed altri due stabilimenti chiusi in Italia, che questo governo cominci a far chiarezza, insieme alla Fiat, sul tema delle politiche industriali. Altro che Fabbrica Italia, qui, ormai, non si fabbrica più”.
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