Sin dall’annuncio della cessione dello stabilimento Irisbus in Valle Ufita, l’unica via di salvezza è apparsa, oltre alla mobilitazione delle istituzioni locali e regionali, quella di inquadrare la vertenza su un piano nazionale capace di intervenire nei rapporti tra Fiat e Paese, tra governo e scelte di pianificazione nazionale del trasporto pubblico urbano, tra regioni, titolari, con le loro aziende, del trasporto pubblico e sblocco dei fondi utili al rinnovo dei parchi autobus a cominciare dalla finalizzazione di una parte dei fondi FAS.
E’ evidente che, all’interno della vertenza Irisbus, rimane centrale il ruolo del governo. Ci sono due limiti. Il primo, strettamente di segno politico. In nessuna delle vertenze approdate, sin qui, ad un tavolo nazionale, il governo Berlusconi, all’interno di un possibile quadro delle compatibilità, ha scelto di svolgere un ruolo di mediazione tra gli interessi del lavoro e dei territori e quelli delle imprese; accettando, quasi ideologicamente, direi, che fosse, con buona pace dei lavoratori e delle comunità, esclusivamente, il mercato a definire le possibilità e le compatibilità.
Il secondo, invece, riguarda, strettamente, la fase politica. L’attuale clima di smobilitazione, dovuta alla chiusura di questo disgraziatissimo ciclo politico, potrebbe intaccare, più di ogni altro elemento, la credibilità e l’autorevolezza di un intervento, qualora vi fosse.
Foto di Enrico De Napoli